Il sadismo della caccia

Se vi capita di sentire interviste di rappresentanti di cacciatori, questi si proclamano quasi sempre amanti della natura, più degli ecologisti, quasi come se gli animali straziati dai loro fucili non appartenessero alla natura, e come se la fruizione della natura dovesse prescindere dal portare con sé un’arma da fuoco..

Checché se ne dica, penso che chi pratichi la caccia, oltre ad essere indietro di qualche decennio con il modo di pensare (ma non se ne preoccupi che è in buona compagnia…), abbia nel suo subconscio tracce di sadismo: provare piacere provocando sofferenza non lo considero un comportamento del tutto “sano” (non voglio neanche pensare a ciò che penserebbe Freud sul simbolo del fucile).

Si badi bene che non sostengo che facciano qualcosa contro la legge, che anzi è al pari del loro modo di pensare: arretrato.

Vediamo di analizzare le loro ragioni e di vedere se tale riprovevole comportamento, chiamato hobby, sia del tutto necessario.

Una di queste ragioni, comune alla maggioranza dei cacciatori (almeno così si giustificano spesso), come dicevo sopra, è il piacere di stare in mezzo alla natura, gustare le passeggiate in campagna all’alba, aspettare al varco gli animali. Quale potrebbe essere un’alternativa a questo piacere?

Ad esempio il birdwatching (l’osservazione degli uccelli con il binocolo), oppure, se proprio non possono fare a meno di vedere gli animali attraverso il mirino, la caccia fotografica (o la cineripresa). Una macchina fotografica con un grande teleobiettivo e gli stessi comportamenti che nella caccia: appostarsi, aspettare, passeggiare, godersi la natura. Inoltre, premendo il pulsante di scatto, praticamente farebbero la stessa azione che sparare: in inglese, infatti, “sparo” e “foto” si traduce con la stessa parola: “shot”. Quali sarebbero i vantaggi? Minore costo (una volta in possesso dell’attrezzatura i costi sarebbero quasi nulli), poter avere dei “trofei” da mostrare al pubblico e averne anche diversi dello stesso esemplare di animale, in diversi atteggiamenti; avere a disposizione qualunque tipo di animale e non solo quelli cacciabili (e quindi una vasta scelta), e poter effettuare queste passeggiate in mezzo alla natura tutto l’anno.

Posso anche credere che alcuni non conoscono questa alternativa e non l’hanno presa in considerazione, ma non penso che la maggioranza non ne sia a conoscenza e qui ritorniamo a quanto ho affermato più sopra: il vero piacere è provocare morte. Non so, probabilmente per un senso di onnipotenza: essere padrone della vita di un essere senziente, ma solo nel senso negativo (=ammazzare). Infatti, scegliendo la caccia fotografica, manterrebbero lo stesso questo senso di onnipotenza, notare infatti che un sinonimo metaforico di fotografare è “immortalare”, rendere immortale, ma si vede che questo non è sufficiente per loro. Ma il fatto di morire non è la peggior cosa che possa capitare agli animali (uno sparo, tutto finito…), nel peggiore dei casi, gli animali possono venire feriti e quindi soffrire diverso tempo prima che la morte li “liberi”. E qui richiamiamo il “sadismo”. Infatti non è che per ignoranza non sappiano che un animale soffre, ne sono perfettatmente coscienti: non appena il loro fido amico ha un piccolo disturbo non esitano a spendere soldi per farlo curare dal veterinario. Semplicemnte pensano che la sofferenza del loro cane sia diversa da quella degli altri animali.

Uno “svantaggio” della caccia fotografica (o delle riprese) potrebbe essere che le foto non si mangiano, anche se spesso molti cacciatori non mangiano neanche la loro selvaggina. Ma un piccolo sacrificio è sempre necessario per una causa giusta. In fondo non si chiede di diventare vegetariani, ma di cambiare il tipo di carne (senza contare che qualche tipo di selvaggina già viene allevata… e poi sparata).

Ma spesso, quando fa loro comodo, riescono anche a far funzionare la logica: “Che differenza c’è nel mangiare selvaggina invece di carne allevata? Solo chi è vegetariano potrebbe criticarci, visto che per gli altri si tratta solo di ipocrisia”.

Effettivamente al livello di principio tra il mangiare cacciagione o carne allevata non c’è nessuna differenza, anzi, a livello teorico sarebbe preferibile mangiare la cacciagione: l’animale vive libero e inconsciamente felice fino a che, improvvisamente, cessa di esistere a causa dell’intervento dell’uomo. Al contrario dell’animale di allevamento che spesso vive anni costretto in una piccola gabbia in cui non può neanche muoversi. Ma la teoria non è conforme alla realtà: non sempre la morte è istantanea, spesso l’animale rimane ferito e se non viene raccolto continua a soffrire a lungo, spesso viene braccato e prima di essere ucciso è costretto a subire il terrore del predatore che si avvicina sempre più. Avete mai provato veramente paura? Ma non la solita paura che si prova, ad esempio, davanti ad un intervento chirurgico o a farsi togliere un dente. Infatti, noi siamo coscienti di cosa causa la nostra paura. Negli animali la paura è molto diversa, ogni volta il loro istinto di autoconservazione crea in loro un panico che dà loro le istruzioni per combattere ogni volta per la sopravvivenza.

Poi c’è il discorso ecologico: se non si tratta di animali “lanciati” (di conseguenza d’allevamento) spesso parliamo di animali selvatici che potrebbero rischiare l’estinzione presi da due fuochi: quello, letterale, dei cacciatori e quello metaforico dell’inquinamento ambientale. Spesso si innesta un circolo vizioso: uccidendo degli uccelli insettivori (che si nutrono di milioni di insetti all’anno), il conseguente aumento di insetti nocivi fa aumentare l’uso dei pesticidi che a sua volta inquina l’ambiente in cui vivono gli uccelli, e così via. A ciò vanno aggiunti gli animali protetti che vengono uccisi per sbaglio (in genere quando succede questo sono sempre gli “altri” cacciatori che sbagliano…).

Una precisazione, infine: paragonare a livello ecologico la caccia alla pesca (con la canna, naturalmente) non ha senso, in quanto ogni pesce può rilasciare migliaia di uova, a differenza degli uccelli o dei mammiferi che hanno cucciolate molto ridotte.

Un’altra cavolata che tirano in ballo i cacciatori è quella che l’uomo è in cima alla piramide ecologica e quindi non è che un anello della catena naturale.

Allora, per prima cosa c’è da dire che l’animale uomo ormai è l’unico animale che potrebbe star tranquillamente fuori di questa piramide senza che quest’ultima si disfaccia. L’unica sua influenza è nella distruzione dell’ambiente. Se si estinguesse, l’ecosistema sopravvivrebbe lo stesso. Forse una volta ne faceva parte, ma ora sicuramente non più. Quando qualcuno racconta che con la caccia non facciamo altro che la selezione naturale dice una stupidaggine. I predatori naturali infatti “scelgono” le prede più deboli perché malate, o con qualche difetto (dico “scelgono” nel senso che sono le prede più deboli ad essere sopraffatte per quelle cause), e quindi queste prede hanno meno possibilità di trasmettere ai discendenti i geni delle malattie di cui soffrono, oppure con l’eliminazione di un animale che si mimetizza meno bene di un altro, non si fa che trasmettere i geni dei meglio mimetizzati, e così via. Quando si ha di fronte un’arma da fuoco, hai voglia ad essere il più veloce della tua specie, o a saper volare, corri o voli più lentamente di un proiettile, quindi tra un animale più debole, ed uno più forte il fucile non fa differenza.

In conclusione, mentre un tempo la caccia faceva parte del corso della vita e a volte dava anche il necessario per sopravvivere, ora tale pseudosport non ha più senso di esistere. Anche il modo di pensare è cambiato e si è evoluto anche in tutto il mondo civilizzato, il razzismo non esiste quasi più, le donne hanno gli stessi diritti. Forse non è venuto ancora il momento in cui tutti diventino vegetariani (anche se un po’ alla volta ci stiamo accorgendo che l’attuale sistema di allevamento non potrà produrre cibo per tutta l’umanità), ma non c’è dubbio che c’è sempre più gente, con un minimo di cervello, che si rende conto che è arrivato il momento di guardare con occhi diversi allo sfruttamento degli animali, che comincia a pensare che anche gli altri animali hanno dei diritti. Come dicevo, magari non sono pronti a diventare vegetariani, ma questa gente pensa che il divertirsi con la sofferenza di esseri senzienti non sia una cosa giusta: caccia, circhi, zoo, vivisezione, ecc.

Non pretendo che una categoria come i cacciatori arrivi a questi concetti facilmente, ma forse tra qualche decennio, cominceranno a pensarci. Per ora questa categoria se vede che qualcuno vola un po’ più in alto con gli ideali, l’unica cosa che sa fare è tirargli un paio di colpi di doppietta…

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