Corano e fiamme

Ormai sono passate svariate settimane, ma le riflessioni non sono mai in ritardo. Tutti ricorderete che in occasione dell’anniversario dell’attentato alle torri gemelle, un pastore protestante evangelico, come protesta contro i musulmani, aveva organizzato la distruzione con le fiamme di copie del Corano, poi rientrata anche grazie all’intervento del presidente Obama.

A parte il poco rispetto verso una religione “cugina”, la paura che aveva preso gli Stati Uniti, tanto da far intervenire il presidente Obama per cercare di dissuadre il pastore dal gesto, era stata quella di rivolte e atti insani verso le truppe americane all’estero o anche in patria. Praticamente quello che era successo contro la Danimarca, quando erano state pubblicate le famose vignette rappresentanti il profeta Maometto, moltiplicato all’ennesima potenza, visto l’“amore” che c’è per gli Stati Uniti nel mondo islamico. Per non parlare dell’eventualità di attentati in patria… Poi si è visto che tali timori erano abbastanza fondati, dato che, nonostante tale gesto non sia avvenuto, la protesta ha portato via la vita a diverse persone di fede cristiana in paesi a maggioranza musulmana.

Ormai ci stiamo assuefacendo a comportamenti simili e per paura di scatenarli spesso sacrifichiamo la libertà di parola, una delle libertà fondamentali degli stati moderni, e evitiamo di riflettere su qualcosa che è estremamente assurdo. Si pensa che i musulmani sono fatti così e si rinuncia spesso ad esprimere idee che siano contrarie a tale religione o che possano offendere la suscettibilità dei loro credenti.

E non si pensi che si tratta solo di rispetto. Oltre ad una dose di paura, questa “specie” di rispetto è un retaggio che ci viene anche dalla “nostra” religione. Infatti il comandamento “Non nominare il nome di Dio invano” veniva punito, come da insegnamento biblico, con la condanna a morte. (A proposito chissà che condanna avrebbe preso il nostro beneamato Presidente del Consiglio per averlo nominato così inutilmente nella famosa barzelletta raccontata in pubblico?)

Ma se questa legge era comprensibile diverso tempo fa quando la religione era una, o giù di lì, e bastava non nominare l’unico dio riconosciuto per non fare una brutta fine, immaginate, ora, se nascessero delle nuove religioni in cui il loro dio si sia incarnato in un cane, in un serpente, in una serie di altri animali o oggetti, e che sia proibito nominare, tali animali o oggetti. Cosa dovremmo fare? Per rispetto dovremmo tacere per non urtare la loro suscettibilità (specie se tali seguaci fossero agguerriti come i fondamentalisti islamici e fossero pronti a far fuori i “peccatori”)?

Allora la soluzione quale dovrebbe essere? Chi lo sa? Sicuramente nel nostro Paese noi abbiamo una legge che dà la libertà di parola ed a tale legge ci dobbiamo attenere e farla rispettare. Al massimo il nostro Stato può fare pressioni sugli Stati in cui avvengono tali crimini, cercando di farli intervenire più fruttuosamente per evitare azioni violente contro seguaci di altre religioni.

Che poi il bello è che chi voleva bruciare il Corano era un pastore cristiano ed hanno avuto vita facile i criminali nel riconoscere chi era di fede cristiana e ucciderlo. Se fosse stato per assurdo un ateo, avrei voluto vedere come li avrebbero cercati per vendicarsi…

Alla fine di tutto questo c’è una morale.

Si antemette l’amore per dio all’amore per gli uomini e così si uccidono in nome di dio esseri umani.

Si antepone alla vita umana il rispetto di un’entità, a cui, seppure esistesse, un gesto simile (bruciare un suo libro sacro), non potrebbe arrecare alcun danno e contro cui si potrebbe difendere come vorrebbe senza l’aiuto di interposte persone.

In fondo non si fa che avvalorare la tesi che le religioni sono le principali nemiche dell’uomo.

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