La questione… “immigrazionale”

Per poter comprendere appieno la situazione che si è venuta a creare nella questione dell’immigrazione, è necessario spiegare bene la cronistoria di questo fenomeno dalla fine degli anni 90 ad oggi. In questo caso sarà più comprensibile come le scelte attuali del governo, proposte dalla Lega Nord ed accettate (forse controvoglia) dagli altri partiti della coalizione, siano da considerare se non xenofobe altamente lesive della loro condizione. E vorrei sottolineare che parleremo degli stranieri regolarmente soggiornanti, quindi con un lavoro e un permesso di soggiorno.

Stanno facendo una politica volta ad ostacolare la vita degli immigrati, quasi a cercare di cacciarli con le “dovute maniere”, visto che non sarebbe possibile espellerli.

Tutta la questione nasce da un’ipocrisia fondamentale. Il fenomeno dell’immigrazione è cresciuto negli ultimi anni esponenzialmente, anche grazie alle regolarizzazioni del 1998 e 2002 (quest’ultima la maggiore di sempre). A fronte di quest’aumento di presenze straniere non è corrisposto un aumento di presenze negli Uffici Immigrazione delle Questure, e i dipendenti si sono trovati ad affrontare la situazione con lo stesso personale o con qualche elemento in più. Oltre a tale aumento, dovuto alle regolarizzazioni e ai flussi annuali, la legge Turco-Napolitano è stata modificata dalla Bossi-Fini in senso più restrittivo abbreviando la durata del permesso di soggiorno da un massimo di 4 anni ad un massimo di 2 anni (per gli stranieri con un contratto di lavoro a tempo indeterminato) e di 1 anno per quelli con contratto a tempo determinato. Evidentemente tale modifica ha comportato un maggior carico di lavoro (gli stranieri che prima rinnovavano ogni quattro anni ora rinnovano ogni due, quando va bene, ma sappiamo bene tutti che attualmente neanche per un italiano è facile avere un lavoro a tempo indeterminato, figuriamoci per uno straniero) e i permessi che in passato venivano rilasciati nello spazio di 20-30 giorni, con queste modifiche, ora vengono rilasciati, nelle grandi questure, in cinque o sei mesi. Tale aumento di mole di lavoro ha fatto sì che gli stranieri si riversassero in massa presso gli Uffici Immigrazione, i quali a loro volta hanno dovuto contingentare il numero degli stranieri ricevuti ogni giorno, provocando così le famose file fuori degli uffici immigrazione già dalle 2-3 del mattino. Ad un certo punto questa situazione è esplosa e il governo di allora, di centrodestra, forse per aiutare anche le Poste SpA, presiedute da un loro “uomo”, ha ideato un sistema per ricevere le domande e smistarle alle varie questure, alla modica spesa di 30 €, attraverso gli uffici postali. Così sono sparite le vergognose file notturne, le azioni Poste Spa sono aumentate e sono nati altri tipi di problemi.

Infatti nello stesso periodo, dopo anni di solleciti, l’Italia si è dovuta uniformare all’Unione Europea e passare dai permessi di soggiorno cartacei a quelli formato bancomat. Tale cambiamento ha modificato le modalità di rilascio e di stampa, che è passata al Poligrafico dello Stato. Con questi cambiamenti, comprensibilmente, i tempi di rilascio sono lievitati ancora e, come se non bastasse, l’introduzione di nuovi software per organizzare tutto il lavoro e il loro malfunzionamento (anche a causa del naturale rodaggio) hanno ulteriormente aggravato la situazione: si è arrivati, nel peggiore dei casi (questure più grandi) a dare appuntamenti a uno-due anni di distanza.

Tutto questo disagio a fronte di una legge che dispone il rilascio del titolo di soggiorno in 20 giorni e a fronte di una spesa, prevista per il rilascio di ogni permesso, di 72 € (30 € per l’assicurata postale, 14,64 € la marca da bollo, 27,50 € il prezzo della stampa del permesso).

Come se ciò non bastasse, grazie all’infinita bontà del governo, con l’ultimo decreto, in approvazione in questi giorni, definito “sulla sicurezza” (ma cosa c’entra la sicurezza con gli stranieri regolari?), è stato previsto un ulteriore balzello, eufemisticamente chiamato “contributo”. Tale contributo sarà molto probabilmente di 80 € per ogni permesso rilasciato (avrebbe potuto arrivare a 200 €!) e tale somma contribuirà alla spesa per il rimpatrio degli irregolari: in pratica gli onesti e regolari verranno tassati a causa degli irregolari… Sic!

E così una famiglia, ad esempio di un bracciante agricolo (in genere a chi lavora in agricoltura, nel 99% dei casi, viene fatto un contratto a tempo determinato) con moglie e due figli superiori a 14 anni, ogni anno dovrà pagare 608 € (Seicentootto!) per rispettare un obbligo dettato dalla legge. Ma questa è una politica dura contro i clandestini o è fatta anche per rendere la vita difficile ai lavoratori stranieri? Questa specie di balzello non è del tutto assente in Europa, ma dove è presente (in pochi stati), almeno dà in cambio un servizio veloce, con un rilascio del permesso in termini “umani” e non come in Italia dove in alcuni casi si è arrivati ad attese fino a due anni. Ciò significa anche, per inciso, che nel periodo dell’attesa lo straniero non potrà recarsi all’estero (nei Paesi Schengen), magari per far visita a suoi parenti, e neanche nel suo Paese d’origine, se non con viaggio diretto, a meno che non richieda un permesso di soggiorno provvisorio che andrà a gravare, di conseguenza, ancor di più sul ritardo dei permessi normali.

Giudicate voi se queste sono condizioni da paese civile appartenente ai 7 paesi più industriali del mondo.

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